All’inizio degli anni 2000 Matteo inizia un percorso di riscoperta, con tutta la potenza fatta di tradizioni, relazioni e riti che questa parola porta con sè. Insieme ad un gruppo di agricoltori comincia a provare a riseminare tantissimi tipi di grano. In una valle, quella del torrente Lognola, in cui un tempo esistevano più di 40 mulini, nessuno o quasi ricordava più quali varietà si coltivassero. Il grano era sparito dalla montagna, insieme ai rapporti e alle amicizie.
La proposta di coltivare antiche varietà di grano è una sfida per gli agricoltori. Si parte da zero, con tutti i rischi del caso, perché negli anni la ricerca scientifica e la pratica agricola hanno concentrato le energie sulle varietà moderne, a taglia bassa, perfette per la coltivazione intensiva in pianura aiutata da diserbanti e fertilizzanti. Non è quello che immaginano Matteo e gli altri per la montagna, dove le pendenze, la biodiversità, il vento e il clima giocano un ruolo importante.
Anni di esperimenti in campo con gli agricoltori e al mulino, quello di Carlo Foralossi, l’ultimo ad acqua sul Fiume Santerno con macine in pietra del 1890, per ottenere il grano giusto per farine vive, panificabili e profumate. Alcuni grani vengono abbandonati, altri diventano la base per il miscuglio di Grani Alti - oggi la “Popolazione Resistente della Valle del Lognola”.
Gli esperimenti continuano anche all’interno del forno dove dal 2001 Matteo inizia a reintrodurre l’uso della pasta madre solida, che nasce un giorno da una fermentazione di fermenti lattici, miele e crusca di cui ancora oggi si possono sentire i profumi. Ovviamente, il lievito viene battezzato e prende il nome di Gino, in onore di un celebre verso di Zucchero Fornaciari. Il suo compleanno è il 21 ottobre.
Nasce così il pane di “grani antichi”, per gli amici il Ruzzlòn, fatto solo di farina macinata a pietra, lievito madre, sale e acqua di montagna. Cotto nel nostro forno a pietra.